La Street Art come “riflettore” sociale: San Berillo District






San Berillo è ormai il fantasma di quello che è stato uno dei quartieri storici della città. Quartiere che un tempo era conosciuto per le attività artigianali, di giorno, e per la prostituzione, di notte.
Negli anni Novanta era considerato uno dei più grandi quartieri a luci rosse d’Europa.
Sembrerebbe che la prostituzione sia stata sempre di casa in questo rione, e in questi termini ha mantenuto la sua “identità”.
Dopo il 1957, anno in cui era iniziato un progetto di riqualifica mai portato a termine, il quartiere, ormai composto da poche viuzze e da una moltitudine di case diroccate, è tenuto in vita da prostitute, anche se alcune di esse non vi risiedono, ed extracomunitari, alcuni con regolare permesso, altri che vivono tra sfratti e occupazioni.
La notte il quartiere si anima attraverso il via vai del giro di “clienti”, creato dalla prostituzione, sia etero che trans. Sui confini esterni del quartiere si dirama la nuova prostituzione nigeriana, formata da ragazze che non risiedono nel quartiere, ma che popolano le traverse più esterne negli “orari di punta”.



In questo contesto si inserisce il collettivo Res Publica Temporanea.
Vari street artists hanno contribuito con la loro arte e hanno portato avanti quella che ritengono più una missione sociale che artistica. Gli artisti hanno dialogato con gli abitanti del luogo seguendo anche le direttive di alcuni di essi, scegliendo assieme il tema delle opere.
Il gruppo vuole riportare il problema sotto i riflettori della città, opponendosi ai processi speculativi di gentrification per ridare dignità agli “esclusi” che abitano queste vie.
Le opere, lungi dall’essere solo un mero abbellimento, occupano le porte murate di alcune abitazioni.
La scelta, ovviamente, non è casuale. Durante un blitz della polizia, nel 2000, gli agenti irruppero di notte per sradicare l’organizzazione criminale. Prelevarono le ragazze e in seguito murarono le porte per impedire nuove occupazioni.
Le porte murate sono proprio la “tela” di queste opere. Dopo i primi interventi gli artisti hanno chiesto agli abitanti del luogo se avessero particolari richieste. C’è chi ha voluto per il proprio ingresso un ritratto di Coco Chanel in riferimento al nome d’arte, chi un polpo con chiari riferimenti alla propria sessualità (secondo il dialetto catanese). È stata realizzata anche una geisha, frutto di una collaborazione di idee.
Una ragazza di origini colombiane ha voluto un Botero, per sentirsi più vicina alle proprie radici.
Curioso come delle porte murate siano ancora in grado di raccontarci tanto.
Forse la Street Art serve proprio a raccontarci delle storie che abbiamo scelto di dimenticare.



























































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